Il progetto “Il dialetto entra in carcere”, firmato da “Taranto Centro Storico” e Confcooperative Taranto, è stato realizzato nella mattinata di sabato scorso, all’interno della casa circondariale di Taranto.
I detenuti che hanno assistito all’illustrazione dei contenuti del Nuovo Dizionario Dialettale di Taranto ad opera dello stesso autore Enzo Risolvo, presidente dell’associazione Taranto Centro Storico, quasi tutti tarantini, hanno ascoltato, attenti ed incuriositi.
Il presidente dell’associazione “Taranto Centro Storico” si è soffermato su alcune espressioni dialettali che ricordano detti latini, e ha parlato anche di antichi giochi di strada con il supporto di un servizio realizzato dalla Rai negli anni ‘60 in via Garibaldi, servizio che riprende ragazzini dell’isola mentre sono alle prese col gioco della livoria.
Grande entusiasmo espresso dal segretario generale di Confcooperative Taranto Carlo Martello che, dopo aver ringraziato il direttore della casa circondariale Luciano Mellone, il presidente dell’associazione Taranto Centro Storico Enzo Risolvo ed il garante regionale dei detenuti Piero Rossi, ha evidenziato la grande importanza del fine rieducativo della pena detentiva, ed in particolare ha sottolineato il valore della cultura popolare come gancio col territorio e con le proprie radici.
Il garante regionale dei detenuti Piero Rossi si è espresso così sabato sullo stato dei penitenziari:
“La situazione delle carceri pugliesi non è dissimile da quella di altre realtà in Italia. Abbiamo problemi strutturali, che a volte svelano addirittura incompatibilità dei locali rispetto all’utilizzo che si fa, poi criticità infrastrutturale ed impiantistiche, oltreché grosse carenze di personale. Il sistema penitenziario deve tornare al più presto al centro dell’agenda politica, cosa che non accade per la verità da molte legislature. Ci sono state iniziative interessanti in campo normativo, alle quali però non ha fatto seguito un altrettanto concreto impegno dal punto di vista amministrativo e strutturale.
Per fare questo è necessario fare investimenti importanti. Chiaramente non stiamo parlando della proliferazione dei penitenziari, ma della ristrutturazione degli stessi, in alcuni casi della sostituzione di alcuni istituti con altri.
A Taranto in particolare c’è un evidente problema dal punto di vista della pianta organica; sono pochi per esempio i vigilanti ma, si badi bene, non per motivi di sicurezza, ma perché il numero insufficiente di unità lavorative rende difficile la realizzazione di iniziative che permettono di dar vita ad attività di animazione sociale e culturale come quella di oggi”.
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